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CASELLO DEL LATTE 

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I caselli e la lavorazione del latte

A ricordarci le origini agricole del posto sono rimaste, oltre ai pochi contadini che vi salgono a coltivare la terra e ad accudire alle bestie, alcune costruzioni tipiche di quel periodo come i caselli per la stagionatura dei formaggi.

I caselli venivano costruiti a secco, con il soffitto a volta, vicino a delle piccole sorgenti d'acqua, che veniva raccolta in una piccola vasca all'interno e che serviva a pulire le forme per i formaggini e per mantenere il fresco e l'umidità dentro la costruzione. 

Circa cinquanta anni fa, S. Tomaso era ancora abitato in estate, da alcune famiglie di contadini. Questi nuclei familiari provenivano tutti dalla frazione "Gianvacca" (l'attuale Belvedere) o da Campogrande e si chiamavano tutti Rusconi di cognome.

A quell'epoca erano ben sette i caselli funzionanti nella zona, gestiti dai contadini Rusconi e che venivano utilizzati appunto per la stagionatura dei formaggi e per conservare il latte al fresco. Infatti, erano molto conosciuti in quegli anni i formaggini di mucca e di capra di S. Tomaso e Mondonico.

La tradizione ha trasmesso fino a noi i principali metodi di lavorazione del latte più utilizzati nel circondario. Il latte appena munto veniva versato in conche di rame tenute al fresco nei caselli, sopra la sorgente d'acqua. 

Dopo due giorni veniva scremato utilizzando la "spannarola"; la panna cosi ricavata veniva trasferita nella "zangola" o "penagia". Occorreva circa un'ora di lavorazione prima che il liquido si addensasse in grumi che andavano poi a formare il burro; si ottenevano cosi i panetti. II latte rimasto dopo la scrematura veniva cagliato. Si attendeva quindi che si formasse la "cagiada", che veniva in seguito rotta in più parti e posta in stampini rotondi di legno (faciröll). Si ottenevano dei formaggini che venivano messi a scolare su un asse e, una volta induriti e salati, si mettevano a invecchiare nei caselli.

Tra S. Tomaso e Mondonico vi sono diversi caselli, ora in disuso, ma non per questo dimenticati; anzi, proprio in questo periodo sono stati quasi totalmente ristrutturati grazie al lavoro e all'impegno volontario di molti soci. Con quest'opera si è voluto assicurare la conservazione del nostro patrimonio culturale e mantenere vivo il ricordo delle tradizioni passate.

Vi sono poi i Crott, più ampi e più alti rifugi, incassati magari tra le rocce in cui poteva essere ricoverato anche qualche capo di bestiame. Il più noto è il Crott di Funzi raggiungibile con una deviazione su un sentiero prima della cascata sulla mulattiera che stai percorrendo 

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Ora i caselli di S. Tomaso e Mondonico sono quasi tutti in disuso, ma proprio per questo si è sentito il bisogno di recuperare questo patrimonio culturale a testimonianza del passato contadino delle nostre zone di montagna, cominciando un'opera di ristrutturazione. 

 

Per chi sale verso S. Tomaso e può fortunatamente ammirare ancora la bellezza delle nostre montagne, questo casello riportato all'antica efficienza dall'impegno e dal lavoro volontario e gratuito di molti soci dell'O.S.A., rappresenta il simbolo e il cuore di tanta gente che ha amato e rispettato i nostri monti e ha voluta lasciarci un'importante eredità.

Noi non li dimenticheremo, noi abbiamo voluto ricordarli così.

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Le casotte

Per molto tempo, fino a pochi anni fa, si riteneva poco importante e di alcun valore culturale, studiare, rispettare e salvaguardare le forme dell'antica vita contadina: solo ora, forse tardivamente, la riscoperta dei valori della tradizione agreste ha rivalutato queste espressioni anche nelle loro strutture architettoniche ed è auspicabile il caso, come per i caselli di S. Tomaso, di un rispettoso recupero anche delle casotte, numerosissime sulle nostre montagne e nei comuni vicini.

I Esistono due tipi di costruzione: a volta, nella maggioranza dei casi, e a punta.

La muratura era a secco, con sassi allineati secondo corsi regolari, ricoperti con la terra.

Gli "specialisti" dell'opera erano esclusivamente persone che lavoravano alle fornaci (attività allora consueta a Valmadrera); una delle professioni era appunto la costruzione delle casotte.

Nel nostro territorio e nei dintorni, se ne trovano circa cinquecento, molte ancora in buono stato, mentre alcune sono irrimediabilmente andate in rovina o altre hanno bisogno di immediati interventi di manutenzione per non rischiare di perdere un'importante testimonianza della civiltà contadina delle nostre zone.

Queste strutture erano indispensabili per rifugiarsi in caso di brutto tempo, mettere al riparo il fieno, lasciare gli attrezzi dei lavori contadini.

Addirittura in alcune, poste nelle località più alte e lontane, come al "Zucòn" (sopra Preguda), Braga sotto il Moregallo, la Colma nelle vicinanze del Fo, a Pianezzo, si rimaneva anche a dormire durante il periodo della fienagione.

La maggior concentrazione è certamente nella zona di Pradello sotto Preguda, ma se ne trovano anche nei posti più impensabili, come sui pendii strapiombanti sul lago.

Molto ricca di queste strutture caratteristiche è anche la località Sambrosera, nei pressi del citato fontanino, "La Colma", presso il centenario faggio che dà nome all'omonima sorgente, la zona di Braga sotto il Moregallo e i prati che da S. Tomaso portano alla "Corna Rossa".


Nel territorio di Civate, numerose sono situate sulle pendici del Corno Birone e nei dintorni del santuario di S. Pietro. L'unica zona che ne è priva, è il Bevesco, probabilmente per la presenza di una costruzione in muratura e di un unico proprietario di terreno (famiglia Gavazzi).

Determinare quali siano le più belle e significative è senz'altro una scelta difficile, anche se alcune meritano certamente una citazione: una, ad esempio, è alla "Rugul Spessa", sopra la frazione Parè, con a fianco un muro a secco molto caratteristico, un'altra appena ristrutturata la si trova alla Forcellina, nella proprietà Crimella (Budesc), oppure al "Zucòn" (proprietà Rusconi Scalin), in Piovera vicino al Fontanino del Fo nella proprietà Rusconi (Baldi e Bertol), in Sambrosera nelle vicinanze del Fontanino (proprietà Rusconi) e a S. Tomaso.

Tutte queste strutture, nella gran parte dei casi, hanno bisogno di un urgente intervento di ripristino, per evitare quanto è già purtroppo accaduto in altre situazioni: infatti, molte volte, la presenza di alberi nelle vicinanze o sopra le casotte ha determinato col passare degli anni, per l'azione delle radici, la caduta della struttura, oppure questa stessa fine è stata causata dal fatto che sono stati tolti i sassi portanti, come nella zona della Luera (Fontanino del Fo), magari per la ricerca di fossili.

In altri casi, senza molto rispetto per l'ambiente montano, sono stati cementati i sassi ed è stata costruita una porta d'entrata: chiaramente, in questo modo, è andata persa la caratteristica tipica di questa costruzione.


Un altro prodotto più raro nel nostro territorio rispetto ai formaggini era il taleggio, ottenuto dal latte di mucca appena munto, scaldato al fuoco del camino a 50° gradi circa di temperatura, successivamente cagliato e infine lasciato un paio d'ore a raffreddare. La "cagiada" cosi formatasi, veniva messa a scolare in un asciugamano per due-tre ore e poi versata nella sua forma: come per i precedenti formaggi, bisognava poi voltarla e salarla.

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